Si è tenuto ieri, presso la sede milanese di 24ORE Business School, il primo appuntamento del ciclo Business Impact Talks, promosso da Digit’Ed e rivolto a un numero ristretto di senior manager e decision-maker. Un’iniziativa esclusiva pensata per offrire uno spazio di confronto ad alto livello su temi chiave per il futuro delle imprese in un mondo sempre più instabile.
A condurre i lavori è stato Daniele Ruvinetti, Senior Advisor della Fondazione Med-Or, con un’analisi puntuale dei nuovi equilibri geopolitici. Dalla recente imposizione dei dazi USA al ruolo strategico del Mediterraneo allargato, fino alla crescente influenza della Cina, Ruvinetti ha offerto una visione chiara e articolata delle principali forze che oggi ridisegnano il contesto in cui le imprese operano. Una lettura che ha aperto un dibattito vivace tra i presenti, sottolineando quanto sia ormai imprescindibile per i leader aziendali integrare la comprensione geopolitica nei processi decisionali.



L’incontro è partito con il contributo dell’economista Diletta Topazio, che ha approfondito il tema dell’incertezza economica, evidenziando come questa non rappresenti più un’eccezione, bensì una condizione permanente.
Nel suo intervento, Topazio ha condiviso i risultati di uno studio sperimentale condotto su oltre 300 persone, volto a indagare come individui e organizzazioni prendano decisioni in condizioni di rischio, rischio composto e ambiguità. Una delle scoperte più sorprendenti è stata che, paradossalmente, l’ambiguità – cioè l’assenza totale di informazioni – genera comportamenti più ottimisti rispetto al rischio parziale. In mancanza di dati certi, si tende a sperare nel meglio.
Lo studio ha anche messo in luce un forte legame tra propensione al rischio e preferenza per il presente: chi è più avverso al rischio tende anche a privilegiare ricompense immediate, un comportamento che ha importanti ricadute strategiche, specie quando si tratta di investimenti a lungo termine. Differenze significative sono emerse anche per genere e tratti cognitivi, con le donne più inclini a tollerare l’ambiguità e i soggetti impulsivi meno avversi all’incertezza.
Questi insight, che si inseriscono nel solco dell’economia comportamentale, offrono un punto di vista inedito ma estremamente utile per chi deve prendere decisioni in contesti volatili: sapere che l’ottimismo può emergere proprio quando mancano certezze, o che il “subito” viene spesso sovrastimato rispetto al “dopo”, può aiutare a progettare strategie più realistiche e resilienti.
Ruvinetti ha quindi dato avvio ad un’articolata e stimolante discussione a partire da tre domande chiave, che hanno fornito la cornice per un’analisi strategica dell’attuale scenario geopolitico.
La prima riflessione ha riguardato i dazi imposti dagli Stati Uniti: Ruvinetti ha illustrato le logiche alla base della strategia commerciale di Donald Trump, evidenziandone gli obiettivi politici interni e le ricadute sistemiche. Ne è emersa la necessità, per l’Europa, di elaborare una risposta coesa e lungimirante, capace di tutelare i propri interessi industriali e rafforzare l’autonomia strategica del continente.
Si è poi passati al ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, una regione da sempre centrale negli equilibri globali. Ruvinetti ha sottolineato come il nostro Paese debba superare un approccio tattico e costruire una visione geopolitica strutturata, che valorizzi le proprie leve diplomatiche, energetiche e culturali all’interno di un contesto mediterraneo sempre più competitivo. Dalla Turchia, al Mali, alla Libia Ruvinetti ha fornito diversi dettagli e approfondimenti utili a capire le vaste implicazioni dell’attuale vivace stagione geopolitica che stiamo vivendo.
Un confronto intenso, che ha stimolato domande e interventi da parte del pubblico, su come affrontare oggi i grandi temi della competitività, confermando l’urgenza di rafforzare all’interno del mondo aziendale competenze non strettamente correlate al business, come quelle geopolitiche. Centrato quindi l’obbiettivo dell’incontro in cui il gruppo Digit’Ed vuole porsi non solo come attore di riferimento nella formazione, ma anche nella costruzione di cultura manageriale per andare oltre l’analisi settoriale e sviluppare una visione di sistema, capace di tenere insieme geopolitica, psicologia economica e innovazione strategica.
Per approfondimento: l’articolo di Fortune Italia