Tema ricorrente nei percorsi di coaching è il clima nel team e il timore che un conflitto possa turbare gli equilibri o impattare negativamente, rovinando le relazioni e l’armonia. Ma è proprio così? E se fosse un tema di ‘posizione’ e di ‘spostamento’ ?
Assumere la posizione dicotomica, riassumibile nell’ o/o, in cui un punto di vista esclude l’altro, chiude lo spazio di scoperta, di ascolto e di generazione che può offrire il conflitto, se ovviamente affrontato con apertura e consapevolezza.
Un classico esempio è lo scivolamento dai conflitti di contenuto a quelli di relazione, in cui entrano in gioco le persone coinvolte (o peggio ancora i ruoli) con grandi rischi in termini di bias e clima organizzativo. Importante è fermarsi, aprire una finestra di consapevolezza e chiedersi se il conflitto che si sta generando o che ci vede coinvolti è sul contenuto o sulla relazione.
Quanto c’è di noi nel conflitto? Quanto dell’altro?
Questo pit stop consente di ‘pulire’ cognitivamente il setting e di stare esclusivamente sui fatti, analizzando il conflitto dal punto di vista del contenuto, spostandoci dal mondo puro delle emozioni che esso genera e che certamente hanno un impatto potente sulle dimensioni del clima e del ben-essere nostro e delle persone che ci circondano.
Un’interessante prospettiva che ci viene in aiuto per analizzarci all’interno di un conflitto è il principio dell’okness (sentirsi ok) con l’attitudine a riconoscere nell’altro e in noi stessi capacità, competenze e risorse.
Quando ci collochiamo in una posizione di okness (io sono ok, l’altro è ok), sviluppiamo relazioni autentiche e improntate alla reciprocità, esprimiamo al meglio le nostre potenzialità e contribuiamo al ben-essere organizzativo e al nostro.
Quando ci troviamo in una situazione di conflitto, è possibile che sia avvenuto uno spostamento dalla posizione Ok verso quella non Ok, nostra o dell’altro, ad esempio ricercando o esercitando una posizione di superiorità e dimenticando che in una situazione conflittuale ci possano essere più posizioni ‘ok’.
Assumendo la lettura dell’e/e invece dell’o/o è possibile ‘spostarsi’ considerando il valore, la distintività, la ricchezza di ciascun interlocutore. Riconoscere a sé stessi di essere ok, di sentirsi ok e che anche l’altro è ok significa una piena consapevolezza e accettazione di sé e degli altri con tutte le sfaccettature e i contributi possibili.
Nel coaching è importante offrire l’opportunità di specchiarsi nelle posizioni assunte e di allargare il più possibile i punti di vista e gli orizzonti di significato, cogliendo le sfide, come i conflitti, che possono apparire divisivi per il team ma che se ben focalizzati aprono spazi dell’essere molto potenti.
Pensi ancora che il conflitto non sia ok?